Il logo di Prevenire è Possibile mostra un incastro tra due tessere di un puzzle e rappresenta il modello dell’incontro interpersonale che trae origine da una relazione di affinità tra persone

“Prevenire è Possibile” è uno slogan che ha rappresentato l’apertura di una pista inesplorata per anticipare le cause del disagio giovanile per come si presentava negli anni ’70, ’80 e ’90.

Già in quegli anni si intravedeva infatti che il disagio e la malattia psichica avevano un’origine relazionale tanto che, di fronte all’emergenza delle tossicodipendenze, l’idea di fondo fu quella di costruire rapporti di comunità tra persone. Le comunità e il contesto di relazioni che promuovevano sono state il metodo educativo più efficace in quegli anni ed è proprio dall’idea di comunità che prende forma il progetto di prevenzione che muoveva dall’ideale di fare comunità tra gli uomini.

Il metodo di intervento di Prevenire è Possibile si incentrava negli anni ’80 e ’90 sull’organizzazione dei “Gruppi di incontro” nelle scuole, nei gruppi di comunità e di casa famiglia, nelle famiglie.

L’epoca dei gruppi di incontro di “Prevenire è Possibile” fu di una straordinaria fertilità. Nelle diverse realtà comunitarie e scolastiche italiane se ne potevano contare centinaia. Nella sola città di Terni,  dove prese le mosse il progetto furono attivi per alcuni anni, ben 63 gruppi di incontro con una quindicina di partecipanti ciascuno. I diversi convegni organizzati in quegli anni vedono la partecipazione di centinaia di delegazioni provenienti dai diversi contesti e fanno pensare ad una stagione di crescita sociale unica e forse irripetibile.

Il gruppo di incontro aveva (ed ha ancora quando lo si applica alle relazioni gruppali) lo scopo di lavorare sulle emozioni senza porsi obiettivi concreti di realizzazione di compiti (in tal caso è un gruppo di lavoro) o di pervenire ad un processo di training formativo delle persone (in tal caso si tratta di un gruppo di formazione). Non tutti gli educatori erano però consapevoli e formativi adeguatamente per comprendere sia tale distinzione che la necessità di distinguere i diversi modelli e metodi di lavoro. A tal fine vennero costruite le 10 regole auree per condurre tali diversi gruppi.

Inoltre l’osservazione dei bisogni educativi e formativi ricorrenti da parte dei  partecipanti ai gruppi di incontro pose le basi per la formulazione di un modello, chiamato “Artigianato Educativo”, ovvero inerente al sapere artigiano dell’educatore, che si è esteso a molteplici ambiti di lavoro: dai gruppi ai percorsi individuali, alle famiglie ed anche alle aziende e istituzioni.

L’applicazione a diversi contesti di tali metodi ha generato ulteriori modalità di lavoro sociale come “la ricerca intervento finalizzata all’emersione dei bisogni”, ed alla “riorganizzazione delle personalità collettive” sulla base del potenziamento e dell’armonizzazione delle diverse caratterizzazioni delle diverse formazioni sociali. Quanto è necessario sviluppare nella relazione gruppale di quel gruppo, famiglia, comunità o azienda di orientamento al gruppo di incontro o al di gruppo di lavoro o al gruppo di formazione?

Nasce così l’idea del simbolo dell’incastro tra diverse tessere di un puzzle che diventa il logo del modello e dello studio associato “Prevenire è Possibile” fondato da Masini Vincenzo ed Emilia Scotto nel 1996, con sede a Roma.

Tale simbolo sintetizza il lavoro di ricerca, di studio e di produzione culturale che sostiene l’attività psicologica, psicoterapeutica, pedagogica, di promozione culturale e sociale e di realizzazione di servizi contenuta dallo slogan Prevenire è Possibile.

In quegli anni si sviluppa una densa attività di ricerca intorno alla forma dei gruppi e ai processi aggregativi che li contengono. Lo studio delle identità dei gruppi e delle loro personalità collettive conduce alla scoperta della profonda differenza tra emozioni transitorie e sentimenti stabili e vede venire alla luce il primo manuale di lavoro di Prepos: Dalle emozioni ai sentimenti.

Lo sviluppo di attività e di sedi diverrà straordinario negli anni successivi con progetti di prevenzione, di formazione e di lavoro diffusi in tutte le regioni d’Italia. A fianco dello Studio Associato PREPOS prendono forma numerose associazioni locali che contengono L’espressione “prepos” nella loro denominazione (Semprepositivi,  Propositivi, ecc.) tanto da dar forma all’idea di costituire una Federazione tra le diverse sedi di PREPOS e dare sempre più autonomia di lavoro e di progettazione ai gruppi locali di operatori.

Alla Federazione si assoceranno anche altre formazioni che condividono l’idealità del Progetto Prevenire è Possibile e l’utilizzo degli strumenti di lavoro sociale elaborati e diffusi in tutte le regioni italiane.

Lo Studio Associato PREPOS, che nel frattempo ha accresciuto il numero le competenze dei soci, diventa uno strumento professionale a disposizione delle diverse associazioni aderenti alla Federazione per la realizzazione di progetti e per l’organizzazione di esperienze. Le professionalità presenti nello studio sono psicologiche, mediche, amministrative, pedagogiche, investigative e filosofiche. Anche la redazione dei siti Prepos cambia forma e si propone come strumento open source per tutti coloro che aderiscono alla Federazione.

Nell’anno 2000 PREPOS si orienta con determinazione nella promozione del counseling fino a farlo diventare uno dei nuclei centrali del lavoro e della formazione. Nell’idea di counseling per come era visualizzata da Prepos c’era l’esercizio di un metodo di lavoro che arricchisce tutte le diverse professionalità attraverso uno stile di relazione con il cliente lontano dai paradigmi di ruolo e incentrato sull’empatia. La storia di Prepos, nata dal lavoro sulle emozioni, non poteva non vedere le potenzialità di questo modello di relazione di aiuto. Nasce così una feconda collaborazione con la FAIP, con il National Boad for Certified Counselors, con l’EAC e con tutti gli altri circuiti associativi del counseling.

Attraverso queste collaborazioni c’è la possibilità di promuovere la formazione ai metodi del  counseling anche se questo processo sembra debba passare attraverso le maglie burocratiche del riconoscimento di una vera e propria nuova professione e dei suoi standard per come sono proposti negli USA, paese nel quale il counseling è nato e si è sviluppato.

Il contagio della burocrazia (l’impegnativa costruzione della norma UNI) e l’enorme difficoltà di mettere d’accordo interessi divergenti tra counselor e altre professioni (in primis gli psicologi che si sentono, a ragione, scimmiottati), tra orientamenti dei diversi modi di concepire il counseling nei diversi gruppi (chi lo vede come uno psicologo di serie B e chi lo vede come uno sciamano new age che legge i tarocchi al cliente) mettono in crisi le potenzialità di questa figura.

Dopo aver associato le formazioni di counseling più coerenti con il modello di lavoro sull’empatia e sulla relazione emozionale con il cliente, nella Libera Università del Counseling si giunge alla decisione di costruire una Associazione professionale di counselor centrata sul modello di lavoro relazionale. Nasce così l’Associazione Counselor Professionisti, anche se la dizione più corretta sarebbe stata Associazione Professionisti Counselor ovvero centrata sulla specializzazione in counseling piuttosto che sulla esplicita focalizzazione sulla professione di counselor, seppur chiaramente esistente e riconosciuta attraverso la Legge 4 del 2013. L’iter per la costruzione delle Legge è stato complesso ed aiutato dalla collaborazione con la CNA che ha aperto un ambito, CNA professioni, al suo interno per collocare adeguatamente tutte le professioni fino ad allora non riconosciute perché non iscritte ad Albi Professionali o a Collegi.

Ciò che sembra però mancare negli anni della attuale contemporaneità, negli scenari della crisi della globalizzazione e della conclusione dell’epoca postmoderna all’interno della web society è però la cultura, il sapere e la definizione della scienza relazionale.

Prende così forma un ulteriore passo evolutivo del modello Prepos attraverso la riflessione sulle malattie relazionali tipiche di questa fase storica. La ricerca sulle relazioni attive e positive vissute dalle persone, sulle relazioni primitive, oppositive, affini ed evolute, il rapporto tra egocentrismo e crollo dell’empatia, la differenza tra relazioni e connessioni e, soprattutto, le regressioni relazionali prodotte dall’ipocrisia diventano gli elementi centrali della ricerca e del nuovo modello di lavoro di Prepos a partire dal secondo manuale “La svolta relazionale”.

Non si tratta più di promuovere una professione ma i suoi contenuti trasferendoli sia in un sapere che può investire tutte le diverse professioni sociali sia, ed è più importante, in un sapere sociale diffuso e condiviso che possa trasformarsi in proposta relazionale tra gli uomini. Il sapere archetipico non è più sufficiente a dar senso ai mondi della vita anche perché la post modernità lo ha profondamente destrutturato ed è quindi necessario un sapere consapevole e scientifico per fare del secolo appena cominciato l’epoca della comprensione del perché e del come le diverse persone possono unire le loro molecole relazioni in un disegno evolutivo più grande.